Il podista col mal di schiena: un approccio biologico integrato




foto: freepik

Se un giorno vi si presenta in studio un cliente che lamenta dolore alla schiena e nutre una  passione sfrenata per la corsa, ha senso dirgli di stare fermo?

Vi racconto come si è svolta la trattazione del caso in oggetto.
G. D. uomo di 45 anni con la passione per il podismo mi chiama chiedendomi  un appuntamento per “risolvere” una situazione di dolore persistente ormai da alcuni mesi che lui indica presente nella zona lombare, ma percepito anteriormente alla colonna vertebrale.

Mi racconta che questo fastidioso dolore lo coglie spesso durante la fase di allenamento e soprattutto durante la competizione, in particolare sul finire della corsa, e gli dura per alcuni giorni forte, poi allenta gradualmente. Mi riferisce che  si è sottoposto a visita ortopedica e ad analisi ed esami specifici, ha già fatto varie terapie  senza ottenere né riscontri di cessazione del dolore permanente né diagnosi di patologie specifiche.

Gli chiedo cosa si aspetta da me ed insieme definiamo l’obiettivo minimo da raggiungere: ridurre il dolore (nella scala da 0 a 10) da un livello 7 (nella sua percezione) a un livello 3.

Gli propongo di vederci 3 volte (1 a settimana) per poter raggiungere la meta prefissata e passo alla valutazione dello stato presente in cui si trova G. verificando una ipertensione dei muscoli psoas, in particolare il destro. Per avere questo riscontro faccio un test dei muscoli in questione (Kinesiologia) trovando come correzione dello squilibrio i punti neurolinfatici (riflessi di Chapman) specifici legati a quel distretto neurologico, in particolare i punti anteriori che si trovano bilateralmente due dita sopra e a lato dell’ombelico. 

Dopo aver stimolato i punti ed aver verificato il miglior funzionamento degli psoas col test, passo ad un trattamento di Cranio Sacrale, nello specifico ad un unwinding (srotolamento fasciale) delle gambe con particolare focalizzazione sugli psoas, favorendone l’allentamento delle tensioni da postura antalgica.

Alla fine del  primo incontro ci congediamo e gli dico di “aspettarsi di avere indolenzimento la sera stessa ed il giorno dopo”, dandogli quindi un informazione (comunicazione strategica) che gli sposti l’attenzione dalla “paura che gli faccia male” e quindi che “c’è qualcosa che non va nel mio corpo”, al fatto che è normale avere indolenzimento/dolore dopo un sovraccarico in quanto è naturale e biologicamente sensato (5 Leggi Biologiche) durante una “riparazione” permettere ai tessuti coinvolti (muscoli, tendini, connettivo in questo caso) di ristrutturarsi con i loro tempi fisiologici e con il giusto riposo.

Cosa intendo con giusto riposo? E qui ritorno alla frase iniziale dell’ articolo: non ha senso, ed è una delle cause di recidive locali (“Devo stare fermo, la mia schiena non è a posto, non sono in grado di correre, …” – 5Leggi Biologiche), dire di stare assolutamente fermo a chi del movimento ha fatto la sua passione! 

Quindi la comunicazione adeguata alla situazione è stata di fare tutto ciò che il percepire dolore gli consentisse e di prendersi una pausa quando per lui fosse stato troppo fastidioso (convalescenza costruttiva). 

Tale indicazione permette alla persona di stare con quello che la situazione presenta, uscendo dalla paura legata al sentire dolore senza averne una motivazione  chiara. Siccome in gioco c’è la percezione soggettiva, il fatto di aver ricevuto indicazioni sulla dinamica di ciò che stava succedendogli ed il poterne verificare la veridicità in tempo reale, gli ha permesso di “spostare” il focus dal “Ho dolore, non va bene” a “Il dolore fa parte del gioco” con l’effetto della riduzione dello stesso: dal circolo vizioso alla virtuosità della natura biologica.

Lo vedo per altre due volte, focalizzandomi su ciò che era presente il momento stesso e agendo di conseguenza con le varie modalità descritte.

Alla fine del terzo incontro l’obiettivo è stato raggiunto, con tanto di sorriso a 32 denti da parte di G. che, naturalmente aveva ripreso appieno gli allenamenti e le relative gare.

Questo vuol dire che non avrà più ricadute o nuovi dolori? Ho la certezza che non sarà così; d'altronde è un essere umano e, in quanto tale, soggetto come tutti noi a situazioni ed eventi inaspettati e alla sua percezione del mondo.

In conclusione voglio far notare che, l’agire attenendomi alla richiesta del cliente, mi ha permesso di utilizzare efficacemente gli strumenti che ho a disposizione nel mio bagaglio formativo ed esperienziale, integrandoli in modo fluido e naturale, evitando approfondimenti emotivi “non richiesti” in quel momento dal cliente e per questo inutili se non deleteri.

Luca Bartolini

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